Diventare genitori comporta un cambiamento di vita che richiede la necessità di un riadattamento sia personale che relazionale. Spesso ciò genera timori di non essere adeguati e di non poter riuscire in tale importante compito se non a determinate condizioni. Quanti genitori non hanno mai provato la sensazione di non essere all’altezza? Soprattutto in questi ultimi anni si è venuto a creare il falso mito che essere un buon genitore significhi essere un genitore perfetto. Vi togliamo il dubbio: non solo la perfezione non esiste, ma la sua ricerca spesso equivale a un bisogno di controllo che ci fa perdere i contatti con la nostra parte più autentica: in altri termini ciò porta la persona a essere uno spettatore che si osserva e si giudica (in genere negativamente), togliendo così la bellezza di vivere l’esperienza nel qui e ora, con tutta la sua coloritura emotiva. Pensiamo solo a quante volte ci affanniamo a ricercare l’esperienza a nostro avviso più bella e originale da far vivere a nostro figlio in termini anche prestazionali (ossia come siamo stati bravi) per poi accorgerci che il desiderio del bambino era di passare del tempo insieme in modo piacevole e giocoso. Spesso dietro questo aspetto c’è un bisogno di sentirsi riconosciuti dal figlio e più in generale dall’ambiente circostante. Winnicott, psicoanalista e pediatra inglese ha coniato il termine di madre “sufficientemente buona” che è servito a tanti genitori a liberarsi dal peso di “dover essere perfetti”. Secondo questo autore infatti una madre e un padre sono adeguati in quanto, nonostante la stanchezza, gli errori e le preoccupazioni riescono a essere affettivamente presenti.